La lettura dei fiori di Bach alla luce dei principi dell’Energetica Tradizionale Cinese grazie alle teorie della fisica moderna.
Ecco a voi un estratto della mia tesi finale della scuola di Naturopatia. Se interessati, potete contattarmi per avere la copia integrale.
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Nell’epoca moderna l’uomo è studiato come un insieme di molecole e reazioni chimiche a sé stanti, che casualmente vivono insieme e che devono difendersi da tutto ciò che è estraneo a loro.
Ma per tutta la precedente storia dell’umanità, l’uomo è stato considerato come un’unità non casuale, frutto dell’armonia che pervade l’intero Universo e che dà forma e vita a tutto ciò che esiste, sia esso materiale o puramente energetico.
Questo modo di vedere l’uomo è spesso considerato più un approccio di tipo spirituale e/o filosofico piuttosto che scientifico.
Paradossalmente, il progredire della scienza e degli studi soprattutto nell’ambito della fisica quantistica, ci sta riportando a quell’antica visione unitaria dell’esistenza con però una consapevolezza diversa, in grado di liberare definitivamente l’umanità da ogni possibile manipolazione fisica, mentale, energetica, spirituale.
Fisici e Professori universitari hanno scoperto negli ultimi decenni che è effettivamente presente una forza che armonizza l’energia presente nell’Universo affinché si strutturi in particelle, atomi e molecole ben specifiche, fino a creare cellule, tessuti e organismi complessi.
Queste scoperte scientifiche provano definitivamente che tutto ciò che esiste è di fatto costituito di pura energia ed è, quindi, nato a partire dal medesimo “materiale” di base e si è composto secondo le medesime regole (o archetipi).
A fronte di tutto ciò, si può affermare che sia possibile trovare il fondamento scientifico della teoria delle Segnature, grazie alla quale il Dr. Bach -come molti altri- ha trovato ispirazione nella scoperta dei suoi rimedi.
Se infatti un fiore è stato creato a partire dalla medesima “Forza vitale” e seguendo le medesime regole universali che hanno creato l’uomo, allora l’utilizzo di un fiore puro e incontaminato per riequilibrare l’energia nell’uomo assume un valore inestimabile e forse scientificamente riscontrabile, ma al contempo semplice, immediato e alla portata di tutti. La possibilità di gestire il proprio benessere torna così nelle mani di ogni singolo uomo, che non avrà più bisogno di ricorrere ad intermediari, proprio come sognava (o forse prevedeva) il Dr. Bach.
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4.1 La storia scientifica della “Forza Vitale”
In questo capitolo tento di riportare il contributo della fisica moderna alla definizione scientifica del concetto di “Forza Vitale” sul quale si basano tutte le tecniche vibrazionali antiche e moderne.
Pensiamo ad esempio al Qi e al Prana delle tradizioni orientali, al concetto di vitalismo, alle idee di Paracelso, all’omeopatia hahnemanniana, ai rimedi floreali del Dr. Bach.
Mentre per le antiche tradizioni filosofiche e mediche, sia Occidentali che Orientali, la Forza Vitale è qualcosa di ovvio e sempre presente anche se sotto nomi diversi, nell’epoca moderna, basata sulla razionalità del pensiero, chi ne parla è spesso deriso e tacciato di cialtroneria.
In realtà la fisica moderna sta definendo con il metodo scientifico la presenza di un “qualcosa” che si comporta come l’antica Forza Vitale.
Quando nel 1905 Albert Einstein pubblicò la Teoria della Relatività Ristretta, con la sua celebre formula E = mc2, ipotizzò che materia ed energia fossero intercambiabili tra loro e che, anzi, l’energia fosse presente in quantità molto maggiore rispetto alla materia. Per cui di fatto la materia non sarebbe altro che energia più lenta rispetto alla velocità della luce.
Qualche anno dopo Max Planck parlò per la prima volta di “quanti”, definendo con questa parola dei pacchetti di energia che possono assumere solo un range di valori, e non un valore definito, e che compongono la luce e tutte le radiazioni elettromagnetiche in generale. I quanti inoltre si possono rilevare come particelle, ma comportarsi anche come onde.
Da quel momento nacque un nuovo tipo di fisica, detta ‘quantistica’.
Grazie ad essa si è potuto capire a livello scientifico che nulla di quello che vediamo è ciò che sembra, basti pensare alla teoria dell’Universo Olografico del prof. David Bohm, che afferma come sia una mera semplificazione della mente umana vedere le cose separate le une dalle altre, quando invece tutto l’Universo è un tutt’uno.
O ancora, il principio di non località del fisico John Bell che prova matematicamente che i fenomeni avvengono come se lo spazio fisico non contasse affatto, poiché le particelle subatomiche si comportano a grande distanza come se fossero in diretto ed istantaneo contatto fra loro.
Di particolare interesse poi è la teoria dei biofotoni della quale tratterò nello specifico nei prossimi paragrafi.
4.2 Il Qi e l’elettromagnetismo
Il Qi, oltre a quanto già indicato nel precedente capitolo, può essere anche visto come l’energia che si libera dalla materia (solitamente grazie ad una reazione chimica).
Pensiamo ad esempio alla luce e al calore (manifestazioni differenti di onde elettromagnetiche) che si sviluppano quando si brucia della legna, o a come il nostro organismo trasforma il cibo e l’aria in energia bioelettromagnetica e calore attraverso delle reazioni biochimiche.
Qualsiasi forma di energia in grado di manifestare forza e resistenza può essere definita Qi, pensiamo ad esempio all’elettricità (‘Dian Qi’ = Qi elettrico), al magnetismo, o più semplicemente alla luce e al calore (‘Re Qi’ = Qi del calore).
Un aspetto quindi rilevabile sperimentalmente del Qi è quello elettromagnetico.
Però nella Cina antica si sapeva ben poco di elettricità e ancor meno di fisica quantistica, si osservava semplicemente che la sensazione provocata dall’inserimento di un ago in particolari punti del corpo non era semplicemente calore, ma spesso si manifestava formicolio o un movimento involontario del corpo.
Soltanto nell’epoca moderna, grazie agli studi sull’elettromagnetismo, si è intuito come il Qi possa essere individuabile nella “bioelettricità”.
Negli anni ’80 il dott. Robert O. Becker ha portato avanti delle ricerche relative al campo elettrico del corpo, capendo che cibo e aria sono il combustibile che genera elettricità nell’uomo tramite una reazione biochimica.
L’energia bioelettrica ha quindi la funzione di conservare la vita, ma anche di riparare i danni fisici. A tal proposito, alcuni ricercatori in California hanno visto come l’energia magnetica a bassa frequenza e a bassa intensità sia in grado di guarire ulcere e tessuti ischemici.
Infatti, secondo le leggi della fisica moderna (Legge di Faraday e equazioni di Maxwell) laddove sia presente elettricità sarà presente anche magnetismo, poiché insieme rappresentano due aspetti della stessa forza, il che ci ricorda la legge dello Yin-Yang.
Inoltre, secondo gli studi di H. Frohlich, professore di fisica all’Università di Liverpool, la differente presenza di ioni potassio e sodio tra l’interno e l’esterno della membrana cellulare, permette la formazione di una differenza di potenziale elettrico con un’intensità di centomila Volt per centimetro. Un campo elettrico così intenso induce la membrana cellulare a vibrare con una frequenza di risonanza che fa parte della gamma delle microonde.
È possibile quindi parlare di “magnete umano”, composto a sua volta da tanti magneti quante sono le cellule che lo compongono, e immerso in un campo magnetico più grande, quello terrestre.
Il campo magnetico umano, attingendo energia dall’esterno, si destabilizza, e la ricerca del ritorno all’equilibrio porta alla generazione di corrente elettrica, permettendo così la vita.
Per mantenere però la salute è fondamentale che l’organismo sia sempre in grado di riportare l’equilibrio del proprio campo elettromagnetico.
Si può quindi dire che i meridiani del Qi siano dei percorsi ad alta conducibilità elettrica che corrono lungo tutto il corpo. Per la scienza cinese moderna, il Qi infatti scorre da un meridiano all’altro in una direzione ben precisa, a riprova di come ogni canale sia dotato di una polarità positiva e una negativa e che il Qi sia costituito da energia elettromagnetica.
A conferma di ciò, negli anni sono state elaborate delle tecnologie per la misurazione puntuale del Qi nelle persone, quale ad esempio il metodo Ryodoraku o il metodo Pitterling (v. scheda n. 1), ma non solo, ormai molti agopuntori riequilibrano l’energia senza l’uso di aghi, posizionando invece magneti su punti di alcuni meridiani per influenzarne la circolazione energetica.
Inoltre, i moderni studi della fisica hanno permesso di identificare gli esseri viventi come sistemi aperti (o strutture dissipative) che assorbono energia dall’esterno (alimenti e aria) e permettono la costruzione di strutture spazio-temporali coerenti. Attraverso quindi un continuo ed intenso scambio di informazioni, gli esseri viventi recepiscono l’ambiente esterno come parte di se stessi.
4.3 Il Qi, i biofotoni e le tecniche vibrazionali
Nel 1904 Einstein capì che il campo elettromagnetico è l’unico oggetto fisico che coincide con la sua propria fluttuazione.
Il campo quindi non è solo una distribuzione di energia, ma è anche un portatore di ritmo (“la fase del campo”).
L’elettromagnetismo, quindi, agisce sulla materia come un accordatore, e non soltanto come un donatore di energia.
Inoltre, il campo elettromagnetico è dotato di una struttura formata da fotoni. Per cui, secondo il principio d’indeterminazione di Heisenberg, considerando la fase del campo definita, il numero di fotoni (cioè l’energia) risulta indefinito. Un campo di questo tipo interagisce con la materia grazie al suo ritmo oscillatorio ed è chiamato dai fisici “coerente”.
La coerenza del campo permette alle molecole e agli atomi che le compongono di muoversi e incontrarsi al suo interno secondo una logica precisa, che segue la fase del campo stesso. Diversamente, all’interno di un sistema non coerente le molecole si muovono e si incontrano casualmente.
Pare che l’acqua allo stato liquido sia responsabile della formazione di un campo elettromagnetico esteso, in grado di governare le reazioni biochimiche attraverso l’identità di frequenza.
Dei lavori molto interessanti in questo ambito sono quelli svolti dal Centro Ricerche Mediche dell’Accademia delle Scienze Sovietica di Nowosibirsk, durante i quali è stato portato avanti il seguente esperimento: sono state inserite due colture cellulari uguali all’interno di due palloni di vetro.
Una delle due colture è stata infettata da un virus.
Finché i due gruppi di cellule sono rimasti separati tra loro da filtri UV, nulla è cambiato, ma nel momento in cui è stato utilizzato un filtro che permetteva il passaggio dei raggi UV da una coltura all’altra, si sono manifestati i sintomi di un’infezione virale tra le cellule sane non infette.
Partendo dagli esperimenti svolti negli anni Venti dal biologo russo Alexander Gurwitsch sul ruolo dei raggi UV nella divisione cellulare delle piante, il fisico tedesco Fritz-Albert Popp scoprì nel 1970 alcune proprietà particolari dei composti chimici cancerogeni come il benzoapirene: tali composti assorbono la luce UV alla frequenza di 380 nanometri, ma la riemettono sotto un’altra lunghezza d’onda.
Indagando sul fenomeno della foto-riparazione, Popp vide che se si irradiano delle cellule precedentemente intossicate da elevate dosi di raggi X, con una debolissima dose di fotoni UV, entro poche ore i danni subiti rientrano quasi del tutto.
Inoltre, la riparazione risulta molto più efficace e veloce irradiando le cellule con luce a lunghezza d’onda di 380 nanometri.
A questo punto egli però si trovò di fronte alla sfida di dimostrare che vi fosse reale emissione di luce dai corpi degli esseri viventi (luce propria e non riflessa, né tanto meno bioluminescenza).
Nel frattempo Popp iniziò una collaborazione con un dottorando, Bernhard Ruth, che costruì una macchina simile a un grande rivelatore a raggi X molto sensibile che usava un fotomoltiplicatore per contare la luce, fotone per fotone.
Nonostante lo studente avesse in realtà lo scopo di provare che le idee di Popp fossero errate, la macchina permise di dimostrare senza ombra di dubbio che i vegetali, anche se cresciuti e tenuti all’oscurità, emettono dei fotoni, ovvero delle particelle di luce.
Era il 1976, ed era stata provata con un esperimento scientifico l’esistenza dei biofotoni.
Nel 1981, il fisico M. Rattemeyer fornì i risultati sperimentali che permisero a Popp di capire con certezza che la radiazione ultradebole emessa dalle cellule viventi origina nel DNA.
Ma non solo, il DNA funge anche da deposito di luce coerente, esperimenti infatti dimostrarono che durante le ore di luce il DNA si presenta più denso rispetto alla notte.
Grazie quindi a questo suo continuo movimento di condensazione e decondensazione (il che rimanda alla relazione di generazione Yin-Yang), il DNA forma intorno a sé un campo fotonico capace di stabilizzare tutto il sistema.
Tutte queste scoperte portano a rivedere il dogma della biologia ortodossa fondato sul primato del DNA e rinforzano sempre più le teorie della nuova biologia fondata sulla genetica ondulatoria e sull’epigenetica.
Popp capì che, diversamente da quanto asserito da L. Pauling (Premio Nobel per la chimica nel 1954), la malattia non è attribuibile ad una “molecola malata”, bensì ad una “composizione frequenziale ammalata”, da cui deriva la presenza di molecole e cellule malate.
Le scoperte di Popp aprirebbero dunque la strada al riconoscimento da un punto di vista scientifico di tutte le tecniche vibrazionali che basano la loro efficacia sulle proprietà coerenti dell’acqua e di risonanza del campo elettromagnetico.
Popp ed altri scienziati fecero delle prove su una serie di pazienti malati rispetto a dei soggetti sani, verificando che i soggetti malati presentavano uno squilibrio nell’emissione di biofotoni, sia come una eccessiva emissione, sia come una diversa distribuzione di emissione tra il lato sinistro e destro del corpo. Questo concetto si spiega facilmente considerando che i fotoni fungono da collante atomico tra gli elettroni e il nucleo, per cui, a un livello biologico superiore, una cellula che muore libera fotoni.
Inoltre, in un tessuto sano la coerenza dei biofotoni aumenta, mentre diminuisce in un tessuto malato.
In Italia il Prof. Piergiorgio Spaggiari, fisico e medico chirurgo, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera della Valtellina, sta portando avanti gli studi di Popp.
Egli spiega che:
<<Il benessere (…) è una questione di oscillazioni elettromagnetiche “ordinate”. Esiste un codice di riconoscimento tra le biomolecole, come quello accertato, tra basi del DNA e aminoacidi, che implica l’esistenza di un livello elettromagnetico della materia vivente che dialoga con il livello chimico, assicurando che il traffico delle molecole sia ben ordinato. Se questo “traffico” è armonico, ordinato per l’appunto, l’organismo è in salute. Al contrario, la malattia “nasce” all’origine, e può essere rilevata, come un disturbo della rete elettromagnetica di controllo del traffico molecolare e solo allo stadio finale, quando si manifesta con tutta la sua sequela di sintomi, dolori, diventa un’anomalia della struttura molecolare del corpo.>>
Egli dice inoltre, <<L’organismo si mantiene in equilibrio dinamico grazie ai messaggi che le cellule si scambiano costantemente tra loro sotto forma di segnali elettromagnetici estremamente deboli, a frequenza definita. E’ proprio di queste energie infinitamente piccole, che si occupa la medicina quantistica, forse la più futuristica tra le medicine complementari. Attraverso speciali strumenti diagnostici e terapeutici, si possono produrre variazioni quantiche di energia così sensibili da interagire con le “energie sottili” del corpo, al fine di ripristinare l’equilibrio e lo stato di benessere. Con gli strumenti di medicina quantistica più avanzati è possibile rilevare i livelli di energia degli organi e lo stato di salute complessiva dell’organismo e, contemporaneamente, correggere eventuali anomalie energetiche riscontrate per impedire così, per quanto possibile, che la malattia possa successivamente manifestarsi a livello fisico-chimico. Ovviamente, sia in fase diagnostica, sia terapeutica, soprattutto in caso di malattie di una certa entità, questi strumenti non sostituiscono ma integrano eventuali test e cure farmacologiche convenzionali>>.
Scheda n. 1.
L’EAV o Elettro Agopuntura nasce negli anni ‘50 grazie agli studi del Dr. Voll (agopuntore e medico tedesco) che sistematizzò le sue osservazioni ed esperienze cliniche fondando l’elettroagopuntura diagnostica.
Espressione del metodo EAV classico è il metodo Pitterling (che ora si avvale anche della mediazione di un computer per la rielaborazione dei dati).
Verso la fine degli anni ‘70 si diffuse in Europa anche il metodo giapponese Ryodoraku che consiste nella misurazione di alcuni punti rappresentativi dei dodici principali meridiani cinesi in corrispondenza dei polsi e delle caviglie e che è simile nei principi teorici e nell’impostazione all’EAV, risultando però più rapido.
Il metodo Ryodoraku permette di effettuare una valutazione energetica del paziente e osservare gli organi in eccesso o in carenza, e agisce applicando una corrente elettrica sui punti con l’intento di riportare all’equilibrio lo scompenso energetico.
I valori rilevati sono registrati con le opportune strumentazioni e riportati su un diagramma che permette di valutare gli eccessi o i difetti energetici relativi ad un meridiano; è possibile anche elaborare elettronicamente i dati acquisiti per ottenere ulteriori informazioni sul paziente secondo la legge dei 5 movimenti.
4.4 I biofotoni e i meridiani tradizionali cinesi
Negli ultimi decenni sono stati portati avanti diversi studi sull’emissione di biofotoni in relazione alle teorie energetiche cinesi e in particolare ai punti dell’agopuntura.
È stato rilevato che i punti dell’agopuntura tradizionale, oltre ad essere 10 volte più elettricamente conduttivi, emettono normalmente più biofotoni degli altri punti del corpo, e che l’inserimento di un ago in uno di essi, incrementa la fotoemissione degli altri punti.
Si è visto inoltre che in soggetti affetti da emiparesi, i livelli di fotoemissione sono molto diversi tra il lato destro e sinistro del corpo e che tale diversità si riduce drasticamente dopo un trattamento di agopuntura.
Dietmar Kramer basò i suoi studi sui fiori di Bach sulla teoria dei biofotoni arrivando a capire che, grazie allo studio dell’aura e utilizzando l’elettrofotografia del metodo Kirlian, un disequilibrio corrisponde ad un deficit di colore.
Insieme a dei sensitivi in grado di vedere l’aura, Kramer capì che irradiando un punto del corpo con un colore specifico, si verificavano variazioni nell’aura. In particolare, il colore che reagiva con un punto, reagiva con una particolare serie di punti, la quale corrispondeva al percorso di uno specifico meridiano del Qi.
Utilizzando questo metodo, egli riuscì a correlare dei gruppi di fiori di Bach con ogni canale energetico, argomento approfondito nel prossimo capitolo.
4.5 La fisica moderna e la teoria delle Segnature
Alla base del lavoro di Popp sui biofotoni c’è la sua speranza di trovare l’accordatore che permette ai sistemi di agire in armonia e ordine. Egli si chiede <<che cosa dunque coordina la funzione biologica?>>.
Inoltre scrive: <<Dietro un apparente caos può nascondersi un meccanismo regolativo di inconcepibile complessità. L’impressione di caos nasce spesso dall’ignoranza dell’osservatore>>.
Egli riporta nel suo libro “Nuovi orizzonti in medicina. La teoria dei biofotoni” gli studi del medico svizzero Hans Jenny sulla ‘Cimatica’, disciplina che tenta di dimostrare l’effetto morfogenetico delle onde sonore, che afferma che la natura ha uno “stile” di azione, un ritmo e una periodicità che permette alla materia di assumere determinate strutture armoniche sotto lo stimolo di particolari oscillazioni e frequenze.
Questa disciplina ben si accorda alla dottrina delle Segnature, o delle “firme”, esposta negli antichi testi del medico svizzero e alchimista Theophrast Bombast von Hohenheim, conosciuto come Paracelso (De Signatura Rerum), ma nota fin dall’antichità nell’ambito medico e alchemico.
Questa dottrina si basa sull’analogia tra forma e comportamento della pianta rispetto alla sua funzione per l’uomo, come se ciò che definiamo “Dio” si manifestasse nello stesso modo in tutto il Creato.
Le piante sono quindi “segnate” nel proprio aspetto dalla loro funzione da una sorta di “firma divina”.
Secondo Paracelso: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto”.
Sulla base di queste analogie, una pianta che ad esempio tinge di rosso avrà una Segnatura che richiama il ferro nel mondo minerale, il sangue nel corpo umano, la passione tra i sentimenti e Marte tra i pianeti.
La teoria dei biofotoni di Popp potrebbe dunque aprire la strada alla spiegazione scientifica della dottrina delle Segnature di Paracelso.